venerdì 24 giugno 2022

Il culto dell' Acqua, l'acqua silente e i riti del solstizio d'estate

 Litha il solstizio d'estate, il momento in cui il sole è al pieno dello splendore, la nostra stella è ardente nel cielo ed è al massimo della sua potenza. In questi giorni si raccolgono le erbe spontanee e si intrecciano corone di fiori, si festeggia la madre terra e i frutti che ci ha donato. La terra ha bisogno però di essere nutrita affinchè possa essere di nuovo feconda e l'anno successivo torni ad essere fruttuosa. Per questo è il momento di dedicarsi dopo la raccolta a nutrire, si sparge il letame nei campi e si aspetta l'arrivo delle piogge, un operazione che andrà avanti fino ad ottobre. In sardo il mese di ottobre è appunto chiamata "Lethamini" (Santuaine nel nord) col significato appunto di letame, mentre giugno è Is Lampadas (le luci) e i riti propiziatori ancora in uso in questo periodo, sono del tutto simili a quelli dell' antica festa pagana di Litha. 🌞🌞🌞🌞🌞🌞🌞🌞🌞🌞

La notte di san Giovanni il 24 giungo o notte di mezza estate era anche considerata la notte delle streghe, il velo si abbassa e il mondo dei morti può entrare a contatto con il mondo dei vivi, ma non tutti gli spiriti sono benevoli e per questo si accendono i fuochi che oltre a celebrare la potenza del sole servono a purificare e tenere lontano le negatività... 

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 al contrario l'acqua rappresenta un tramite, il filo conduttore che unisce. 
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Nei miti orfici il percorso dell'iniziato che deve discendere nel regno dei morti, è caratterizzato dall'acqua che rappresenta il tramite per accedere ad un'altra dimensione. L'assunzione dell'acqua sacra hai il potere di generare il ricordo, poichè l'acqua ha memoria, ma al tempo stesso se, se ne beve troppa si cade nell'oblio, il giusto beve in modo moderato mentre chi esagera non è mai un uomo saggio.

Mnemosine figlia Urano e Gea, il cielo e la terra era la personificazione della memoria. Si disse che uno degli accessi agli inferi fosse segnato dalla presenza di due fonti, una dedicata a Lethe con il potere di dimenticare e l'altra a Mnemosine che donava il ricordo. 

La mia acqua del solstizio

In Sardegna durante la notte di mezza estate si svolge ancora il rito di "S'abba muda", l'acqua silente. Le donne del paese devono recarsi in assoluto silenzio e senza mai voltarsi presso una fonte (a Cuglieri era la fonte di "tziu Memmere") per riempire le loro brocche d'acqua per poi discendere in un rigoroso silenzio, senza versarne neanche una goccia. Prova che se superata porterebbe salute e prosperità mentre ad AidoMaggiore si crede abbia la capacità di allontanare gli spiriti maligni dalle proprie case.

https://www.youtube.com/watch?v=el3C2oNaveo&ab_channel=MicheleTurnu

Abba silente como selena In broccas d’oro penzande a chie had a leare cun bona lena, dolos e penas chena recreu. Abba de amore de amistade, guttias de bramas in cada bene. Lizos e frores de bonidade, solu carignos cherzo de tene. Abba silente, abba galana, abba de amore, abba bramada narami si hap’a tenner sorte, narami itt’est custu trumentare? Cando su coro mi ponet sos pensamentos in sinu, a passu a passu continu no cherzo intender rejone Tue abba muda silente faghemi torrare a domo senza faeddare de como senza mi narrer comente.

L'acqua in questo periodo dell'anno scarseggia per questo motivo è di vitale importanza preservarla e non sprecarne nemmeno una goccia. In tutti i miti la pioggia è colei che feconda si pensi ad esempio al mito di Urano che feconda Gea mandando su di essa la pioggia, o al mito di Danae che venne fecondata da Zeus attraverso una pioggia d'oro dal quale nacque Perseo. 

"Danae e la pioggia d'oro" Gustav Klimt

 Anche l'isola non da eccezione, qui le fonti e i pozzi sono quasi sempre dedicati a Maimone, un'antichissima divinità dell'acqua a cui ci si rivolge per far piovere. Dal semitico "Mam" che significa acqua. Il suo feticcio veniva costruito con frasche di Pervinca, in sardo Proinca ( da proi che significa piovere), e poi veniva gettato in un fiume con la speranza che portasse le piogge. 


Dopo che Danao giunse in Argolide si accorse che la popolazione soffriva per una grandissima siccità che durava oramai da molti mesi. Poseidone aveva sottratto tutte le acque e prosciugato fiumi e torrenti. Cosi Danao mandò le sue figlie in cerca dell'acqua per placare l'ira di Poseidone. Una delle fanciulle, Amimone mentre cacciava un cervo nella foresta, svegliò un satiro dal suo sonno e costui cerco di violentarla, subito la ragazza invocò Poseidone che corse in suo aiuto, scagliando il suo tridente contro il satiro che riusci però a schivare il colpo e il tridente del dio si conficcò in una roccia. Amimone quella notte giacque con il dio, e quando il mattino dopo ella chiese un modo per far tornare l'acqua, Poseidone le disse di estrarre il suo tridente dalla roccia e cosi facendo vide sgorgare dalla pietra acqua sorgiva.  A Lerna la fonte sacra venne dedicata a Amimone, A Lerna viveva l'idra il mostro marino figlio di Echidna a sua volta figlia di Forco.

 Quando le Danaidi furono rilegate negli inferi per il loro tradimento vennero condannate da Zeus a riempiere costantemente un bacile d'acqua con tre fori, una punizione senza fine, poichè con quanta acqua vi versavano, essa era destinata ad uscirne rendendo il lavoro destinato a ripetersi in eterno.  Ancora oggi vige il modo di dire "la botte delle danaidi" paremìa destinata agli spreconi. coloro che non sanno preservare nè mettere da parte niente.

E cosa c'è di più prezioso dell'acqua soprattutto nella stagione in cui essa scarseggia? 


Fonti:

comune di Cuglieri


https://www.youtube.com/watch?v=el3C2oNaveo&t=22s&ab_channel=MicheleTurnu
coro di Ardauli

- G. Lulliu, La civiltà dei sardi, 1980

lunedì 13 dicembre 2021

Babbaiola Iole e il mito di Ercole

Deianira Oenei filia Herculis uxor cum vidisset Iolen virginem...


Deianira, figlia di Eneo, moglie di Ercole, dopo che ebbe visto che Iole,

fanciulla dalla notevole bellezza, era stata condotta come prigioniera,

ritenne di poter essere privata del marito dalla fanciulla.

E cosi, memore di ciò che disse il centauro Nesso.

che le aveva detto che la veste tinta del sangue del centauro le avrebbe restituito

 l'amore del marito,

Deianira mandò il servo Lica a portare la veste ad Ercole.

Ma il poco di sangue che era caduto per terra cominciò ad ardere.

Quando Deianira vide ciò. comprese di essere stata ingannata da Nesso

e non volendo fare del male al proprio marito,

mandò un altro servo a richiamare quello al quale aveva dato la veste.

Ma Ercole, che ormai l'aveva indossata, bruciò immediatamente...


Torniamo allora per un attimo al nostro eroe, Eracle...tra le sue tante leggende e vicende amorose, ce n'è una che si intreccia con l'amore per un altra fanciulla Iole che per certi versi rimanda alle vicende che vedeva protagonista la regina Onfale come abbiamo visto precedentemente. Ercole  lo abbiamo lasciato lì, mentre distruggeva il tempio di Delfi, in preda all'ira per non aver ricevuto responso dalla Pizia. Eracle aveva appena ucciso il fratello di Yole perchè il padre gli negò la sua mano, ed era per tanto in cerca di redenzione. Yole, bellissima donna nipote di Menelao, fu promessa in sposa a chiunque avesse battuto il padre ed i suoi fratelli in una gara di tiro con l'arco e nessuno all'infuori di Eracle neanche a dirlo fu in grado di batterli. Spettava a lui dunque la mano della fanciulla, ma suo padre si rifiutò di concedere la propria figlia all'irrequieto eroe. Ercole su tutte le furie mise a ferro e fuoco la città, Yole per sfuggire dalla distruzione messa in atto dal suo pretendente, sali su una torre e da li si getto in aria. Le sue vesti fortunatamente si aprirono consentendole di atterrare sana e salva, ma questo non impedì comunque al figlio di Zeus di rapirla e farne la sua concubina.  Qui la storia assume connotati simili a quelli avvenuti con Onfale. Anche se in questo caso è la fanciulla a divenire schiava del semidio. Secondo il racconto di Ovidio, la ragazza però nonostante la prigionia, ebbe il pieno controllo sull'eroe totalmente aggiogato al suo fascino, cosicchè ella per vendicarsi lo costrinse ad indossare abiti femminili, mentre lei per diletto indossava i suoi. Eracle è il dio che si fa uomo e donna allo stesso tempo,  cosi come Yole è la giovane vergine che spicca il volo, simbologia della fanciulla che raggiunta la maturità sessuale si appresta a lasciare il nido e si avvia al matrimonio.

Se Kore viene sottratta alla madre, Yole invece viene sottratta al padre. A tal proposito vorrei parlarvi della coccinella. 


Si la coccinella, avete presente quel piccolo insetto tutto rosso che porta fortuna e annuncia la primavera? che cosa c'entra direte voi? Ebbene la coccinella in sardo si chiama Babbaiola (Babbai-Yola). Babbai è la parola sarda che indica il padre, ma anche inteso come padre supremo di tutti, ovvero richiama alla divinità. Yole deriva dalla radice Ion, che significa "violetta" o anche colore viola. Rosso violaceo come la porpora, il colore del sangue, della fertilità della rinascita, il colore beneaugurante per eccellenza. Non è un caso che il mito di Yole si ricollega alla morte del dio, è con questo tradimento che Ercole muore per mano di sua moglie che gli fece indossare il mantello con il sangue avvelenato del centauro Nesso, pensava ingenuamente di poterlo tenere lontano dalle altre donne. Ercole è l'archetipo del dio fecondo che muore in inverno e rinasce in primavera.  Il Sardus Pater- babbai eponimo dei sardi è stato più volte assimilato al culto di Ercole, in quanto figlio di Makeris, il Melqart Cartaginese. 

La coccinella inoltre era associata alla Dea Era anche lei dea del parto e protettrice delle puerpere.  E se dici Era dici Eracle, il Sid Babbai re eponimo di tutti i sardi... 🐞🐞🐞🐞🐞🐞🐞🐞🐞🐞🐞🐞🐞🐞

 In Sardegna c'è una filastrocca che riecheggia tra le voci di tutti i bambini sardi che recita:

BABBAIOLA BABBAIOLA,     

(coccinella, coccinella)                                         

  PIGA SU LIBRU E BAI A SCOLA,

(prendi il libro e vai a scuola)

PIGA S'ANEDDU E BAI A TI COIAI,

(prendi l'anello e vai a sposarti)

BABBAIOLA PIGA A BOLAI...

(coccinella prendi il volo!)

I bambini che si imbattono nello scarlatto insetto, lo prendono in mano recitando questa nenia, se l'insetto spiccherà il volo allo scoccare della fine della cantilena il bambino o la bambina da grandi troveranno l'amore e si sposeranno, in alcune zone d' Italia si dice invece che occorra contare fino a 22 numero che come abbiamo già visto è legato all' origine dell' alfabeto e assume un significato sacrale.

Il librarsi dell'insetto rimanda al volo di Yole e simboleggia la fanciulla che concessa dal padre è pronta per il matrimonio.

In rete gira da anni una bellissima favola, qualcuno dice che abbia origini mesopotamiche e il nome del protagonista lo suggerirebbe, purtroppo però l'origine è per ora sconosciuta limitiamoci a leggerla:

All’inizio del tempo la Terra era abitata da un uomo di nome Urunti. A quei tempi nessuno nasceva e nessuno moriva; Urunti, che era un essere gigantesco e saggio, manteneva la pace e l’ordine tra le creature viventi.

Un giorno Urunti, stava passeggiando nella natura e vide una rosa; l’uomo la accarezzò per darle il buongiorno, ma si punse un dito. Dalla ferita cadde una goccia di sangue. Poiché non esisteva ancora la morte, la goccia prese vita: le spuntarono sei piccole zampe nere e diventò una coccinella.

 Urunti, meravigliato da quel piccolo insetto rosso, la prese con se e la portò in giro per il mondo, a conoscere tutte le piante e tutti gli animali.
Ma alla coccinella non piacque quello che vide: “Questo mondo è ingiusto. Ci sono solo animali stanchi e feriti, che vorrebbero riposare in pace. E poi, nessuno può nascere. Qui ci sono tante ricchezze ma non c’è nessuno che possa scoprirle ed apprezzarle”. Poi, chiese a Urunti di disegnarle dei puntini neri sul dorso. “Uno per ciascuna ingiustizia a cui ho assistito”.
Urunti fu colpito dalle parole di quel piccolo insetto e decise di introdurre la nascita e la morte. Poi, si sdraiò accanto alla coccinella e si addormentò. Da quel giorno la vita cominciò a scorrere come noi la conosciamo.

La coccinella è da sempre considerato in molte culture un insetto beneaugurante, il suo nome in greco antico era KOKKINOS che significa "scarlatto", il colore rosso dunque ritorna con il suo simbolismo apotropaico che è in grado di allontanare il male, ma allo stesso tempo lo rappresenta poichè tutto per rinascere deve morire. Il rosso ma anche il verde come la natura che torna alla vita, che germoglia dopo il torpore invernale. Non a caso sono essi stessi i colori del Natale🌲🎅.

 In Sardegna è considerato di buon auspicio donare o ricevere "su Kokku", una sorta di amuleto di  forma sferica che può ricordare una coccinella, solitamente di colore rosso in corallo o nero in ossidiana, veniva solerte accompagnato da un nastro verde da legare al polso. Aveva una funzione protettiva, apotropaica soprattutto per i bambini e veniva da tradizione appeso sulle culle. Erano spesso i padrini e le madrine a donarle per il battesimo al nuovo arrivato ed era usanza comune omaggiarne anche alle famiglie con l'augurio di fertilità, che avevano necessità della benedizione di un figlio. Su Kokku come la coccinella è simbolo di rinascita, fertilità e buon auspicio. Come su Kokku, la coccinella è sia rossa che nera, 🐞affinchè sia di buon auspicio deve essere ammantata da sette puntini, gli stessi che spesso vengono raffigurati nel manto della Madonna rappresentanti le sette gioie e i sette dolori legati al parto e alla maternità. 

Sette erano inoltre le Pleiadi che per i norreni, 7 erano le Galline della dea Freya colei che piange lacrime d'oro ogni volta che il suo amato si allontana, tingendo di rosso i tramonti, la dea delle nascite nordica che protegge le partorienti e dispensa fertilità, il cui animale simbolo è casualmente la coccinella 🐞 che porta luce sulla terra e annuncia la primavera. Ma è anche l'italica Lucina che a Roma divenne Giunone che è Dea della luce e della natalità invocata dalle puerpere durante il travaglio per placare i dolori del parto. In Svezia Santa Lucia porta quasi sempre una corona con 7 candele.
Le “Khotarat” madre dei Cabiri erano le sette dee che presiedevano alla nascita e assistevano le partorienti.
Per i Babilonesi il numero 7 rappresentava la perfezione del cosmo. La dea Anu è custode dei 7 meme e così via..
Oggi si festeggia santa Lucia, la fanciulla che si cavò gli occhi e li gettò in mare per sfuggire ad un triste destino. L' Astrea rugosa che la gente chiama comunemente "occhio di Santa Lucia", il cui simbolo è la spirale e ancora oggi viene incastonato nei gioielli perché  considerato di buon auspicio. "Sa mexina de s'ogu" che le nostre nonne praticavano contro il malocchio contro la cattiva sorte. L'occhio è un simbolo solare, si vede attraverso di esso, rispecchia la luminosità dell'anima, per questo la rimozione dell'occhio indica che ci stiamo privando della luce poiché domina l'oscurità e le tenebre sembrano avere il sopravvento.
Astrea "la stellata" ⭐ che è fatta di luce propria, nella mitologia era la personificazione della giustizia, colei che si elevò al cielo unendosi alla costellazione della vergine, sorella dei pianeti visibili ad occhio nudo che riflettono la luce del sole e degli Astra pianeta "le stelle vaganti" ✨del cosmo, di cui Esperos e Phosporos. 
Esperos padre delle Esperidi ma anche Vespero/Venere che è al contempo divenne stella della sera ⭐e la stella del mattino⭐ e poi fu Lucifero il portatore di luce🕯️e il suo gemello Phosporos, quest'ultimo dio della luce nell'iconografia veniva spesso rappresentato come un bambino nudo che porta in mano una torcia 🔥... In questi giorni nel trionfo del buio invernale indossiamo qualcosa di verde e di rosso, accendiamo una candela alla dea della luce,  per vincere le tenebre e farci largo nell'oscurità in attesa che la luce faccia il suo ritorno...
⭐⭐⭐⭐⭐⭐⭐⭐

Rif Bibliografici
"I miti Greci" Robert Graves
Igino "Le imprese di Ercole"
I capitoli precedenti:
parte uno
 https://www.blogger.com/blog/post/edit/170165379405514459/2638122741720189567?hl=it
parte due
 https://www.blogger.com/blog/post/edit/170165379405514459/6069874105954380234?hl=it


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lunedì 22 novembre 2021

🍂 KOR e il significato del colore rosso presso i popoli mediterranei 🍂

 Il significato del colore rosso presso i popoli mediterranei:

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Abbiamo visto nel post precedente, come il colore "rosso" estratto dalla Porpora assumesse un carattere sacrale e divino presso coloro che potevano indossarlo. Legata ai rituali della fertilità era chiamata Kurru in accadico e Korra in Sumero. In Sardegna si ergeva Kornus l’antica città presso S.Caterina di Pittinnuri (Cuglieri) che potrebbe anch’esso avere avuto il nome dalla porpora (korra), ma potrebbe pure avere il nome da accad. qarnu ‘corno’ sempre con riferimento alla particolare sagoma dei muricidi. 

Una zona di bassi fondali che si prestava perfettamente per l'allevamento dei murici e la produzione del pregiato tessuto.  

 La stessa monte d'Accoddi, la singolare "Ziqqurat" sarda legata ai rituali di fertilità era originariamente nella parte più antica, colorata di rosso ocra, tant'è che presso la gente del luogo è anche chiamata "mont'e Korra". 

 La radice KOR sta ad indicare il rosso, sia nel paleosardo che nel basco. 

Tra le pietre color scarlatto dell'antichità merita una menzione la oramai dimenticata Sardonice...

Con il nome Sardonice, si indentificava la pietra rossa intarsiata sull' Efod, il pettorale decorato delle 12 tribù di Israele che solo il sommo sacerdote aveva l'onore di indossare. In questo pettorale, vi erano incastonate sopra 12 pietre preziose, ognuna di essere a simboleggiare una delle 12 tribù, quella della tribù di Dan era per 'appunto la SARDONICE. 

«Faranno l'efod con oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto, artisticamente lavorati. Avrà due spalline attaccate alle due estremità e in tal modo formerà un pezzo ben unito. La cintura per fissarlo e che sta sopra di esso sarà della stessa fattura e sarà d'un sol pezzo: sarà intessuta d'oro, di porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto. Prenderai due pietre di Onice e inciderai su di esse i nomi degli Israeliti: sei dei loro nomi sulla prima pietra e gli altri sei nomi sulla seconda pietra, in ordine di nascita. Inciderai le due pietre con i nomi degli Israeliti, seguendo l'arte dell'intagliatore di pietre per l'incisione di un sigillo; le inserirai in castoni d'oro. Fisserai le due pietre sulle spalline dell'efod, come pietre che ricordino presso di me gli Israeliti; così Aronne porterà i loro nomi sulle sue spalle davanti al Signore, come un memoriale. Farai anche i castoni d'oro e due catene d'oro in forma di cordoni, con un lavoro d'intreccio; poi fisserai le catene a intreccio sui castoni.» Esodo 28,6-14

La Sardonice di cui si è perso il ricordo, oggi è detta comunemente "Onice" che potrebbe allora considerarsi un' abbreviazione? di una pietra che all'epoca di Aronne era più preziosa dei metalli?.

 I greci la chiamavano ONYKS, col significato di artiglio/unghia, ma che se usiamo un pò di fantasia e  anagrammiamo la parola diventa YKNOS appellativo e sinonimo a noi conosciuto che rimanda sorprendentemente al ricordo di quello che fu questa leggendaria pietra, legata al rosso simbolo della vita e la tribù che essa rappresentava. Oggi l'Onice è  una pietra che ancora viene utilizzata per la produzione dei Cammei che abbonda nei costumi tradizionali di tutta l'isola e che ancora oggi nelle botteghe orafe viene indicato con il nome di "cammeo sardonico" che assume il forte valore simbolico di buon auspicio e prosperità.

Da non dimenticare che Sardonio, termine ormai desueto, stava indicare oltre che all'Onice anche un tipo di Calcedonio del tutto simile alla Corniola (tant'è che spesso il nome risulta intercambiabile). La Corniola è la pietra rossa per eccellenza, considerata sacra per gli egizi in quanto simbolo di rinascita, rappresentava il sangue di Iside.  Era anche una pietra propiziatoria legata a diverse pratiche religiose e aveva il compito di accompagnare i defunti nel loro ultimo viaggio verso occidente, presso i campi di Yalu dove dimorano le anime dei giusti. Motivo per cui questa gemma era in largo uso in Mesopotamia, terra ricchissima di questo minerale che esportava in cambio dei più rari e agognati metalli, fino in Egitto dove la si ritrova per esempio sul prezioso pettorale funerario del faraone Tutankhamon. La Corniola veniva utilizzata già all'epoca dei Sumeri per impreziosire collane e copricapo dei sovrani spesso accompagnati dai lapislazzuli. La radice sumero-accadica Kor in definitiva potrebbe dunque essere associabile a tutte quelle parole che in passato e tutt'oggi sono alla base di alcuni etimi ancora in uso, che rimandano chiaramente al colore rosso propiziatorio e al sangue in chiave di morte/rinascita. 



Si pensi ad esempio al mito della Cornucopia da cui deriverebbe il potente simbolo propiziatorio del tradizionale cornetto rosso partenopeo, ma comune a molte regioni del sud Italia. La Cornucopia, la cui forma ricorda il Murex o comunque rimanda alla forma di una conchiglia, secondo la leggenda era il possente corno del dio fluviale Acheloo (figlio di Oceano e Teti), al quale fu sottratto durante la lotta corpo a corpo con l'eroe Ercole. 

Acheloo che spesso condivide le stesse paternità con la divinità marina Forco re di Sardegna, fu padre delle custodi delle sorgenti e dalle gocce del suo sangue, durante lo  scontro con Ercole nacquero le sirene "Acheloides", le tre ancelle di Persefone, (Partenope, Leucosia e Ligeia), tramutate in uccello da Demetra per non aver impedito il rapimento della figlia e costrette a vagare per il mediterraneo in cerca della fanciulla perduta. 

“E Ligea pertanto sarà sbalzata presso Terina sputando acqua di mare; e i naviganti la seppelliranno nella sabbiosa spiaggia presso le rapide correnti dell’Ocinaro; e questo, forte nume dalla fronte cornuta, con le sue acque bagnerà il sepolcro e tergerà il busto dell’alata fanciulla"

 Il dio cornuto delle fonti sacre, dalle sembianze di Toro (o secondo alcune versione metà uomo metà bovino), dopo un'estenuante lotta, ammise la sconfitta ma volle indietro il suo corno, in cambio diede ad Ercole il corno della capra Amaltea (la nutrice di Zeus) e concesse all'eroe di poter finalmente sposare Deianira. Dal giorno la Cornucopia è sinonimo di fortuna e abbondanza. 

Ancora Ercole, acqua, fonti sacre e fertilità strettamente legati da miti antichissimi... 

Ma non è tutto la radice Kor la ritroviamo in numerevoli etimi di carattere sacrale.

Kor come Corona che adorna il capo di Re e Regine, Cor sono le corna dei Dio Toro che indossa anche Astarte/Ishtar/Iside, Cora è la canaletta dove scorre il sangue nei mattatoi. Cor è la radice della parola cuore, organo che più di tutti è associato al sangue e al colore rosso. Kor come Corallo, nato dal sangue di Medusa (figlia di Forco anch'essa) che se donato è tutt'oggi simbolo beneaugurante, Cor come corolla che è il nucleo del fiore che è alla base della vita. Ma Kor è soprattutto rosso! il rosso era il colore dell'età fertile, del sangue mestruale, legato alla procreazione. La stessa divinità Kore (Persefone) era la manifestazione della giovinetta in età fertile, la figlia della Dea madre, colei che Ade rapisce in autunno, per poi liberare in primavera quando tutto rinasce ed esplode di vita. 

Persephone by Leslie troisi

Il frutto del Melograno che per gli accadi era NURma (nata dalla luce?) e per i romani "Punica Granatum" (si torna ai fenici anzi ai Punici) è da sempre associato al mito di Proserpina/Kore. Il frutto autunnale di cui si nutre svogliatamente negli inferi, simbolo ultimo dei prodigi di sua madre, che da questo momento in poi non donerà più frutti. La natura è sterile, triste per l'assenza di Persephone costretta a separarsi da sua madre per restare in un luogo di morte, dove il frutto diviene sinonimo di speranza, la promessa del suo ritorno. Una morte necessaria in attesa di nuova vita, in attesa che la madre possa riabbracciare la figlia. Ecco perchè il Melograno con il suo colore scarlatto, la cui forma ricorda il seno femminile, contestualizzato  alla stagione che lo rappresenta,  è da sempre in molte culture associato alla fertilità e morte allo stesso tempo, un richiamo simbolico al ciclo mestruale femminile. Qualcosa che per rinascere ha bisogno di morire, in un continuo ciclo di nascita e morte.

Leggenda vuole che a Creta fu Venere in persona a piantare il primo albero di melograno e che le  sacerdotesse di Demetra durante le Thesmophoria solevano consumare i chicchi del frutto sacro in onore della dea, affinchè dispensasse fertilità e prosperità. Demetra, Venere e Kore, la dea Madre primigenia in tutte le sue manifestazioni. Fanciulla, Donna e Saggia. La Dea dei cardini Carna, ninfa amata da Giano che si prende cura dei bambini nelle culle, apportando sigilli di protezione nelle porte, con i rami di piante apotropaiche legate ai matrimoni come il  Corbezzolo e il Biancospino, le cui bacche rosse edibili, si conservano durante l'inverno. Colei che è in grado di alzare il velo, che può oltrepassare i varchi tra il mondo dei vivi e quello dei morti, colei che può aprire ciò che è chiuso e chiudere ciò che era stato aperto. 

Ma è anche l' italica FERONIA il cui toponimo riecheggia inspiegabilmente in Sardegna nella zona dell'attuale Pattada, è una divinità le cui celebrazioni cadevano tra il 13 e il 15 novembre, il periodo in cui Kore viene sottratta alla madre terra e le tenebre iniziano a prendere il sopravvento, era essa la manifestazione della natura più selvaggia e ferina. 

Presso i suoi altari vigeva la dicitura; 

"che gli schiavi meritevoli siedano qui, cosicchè possano rialzarsi da uomini liberi!"

è un chiaro rimando alla dea fanciulla tenuta prigioniera negli inferi, è la natura che che si ferma in attesa di germogliare nuovamente.

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fine seconda parte...

Riferimenti Bibliografici

From Seas and Oceans to The Textiles - Scientific Figure on ResearchGate. Available from: https://www.researchgate.net/figure/Murex-Shells-Murex-Shells-color-dyed-fibers-yarns-and-fabrics-with-Murex-Shells_fig4_295351203 [accessed 20 Apr, 2021]  by Ece Kalayci

EVANS J. & RECCHIA G., C. d. S.- Pottery function: trapped residues in Bronze Age pottery from Coppa Nevigata (Southern Italy). Scienze dell’Antichità. Roma.

Antico Testamento, Esodo, 26/27/28

POPOLI DELLA SARDEGNA da Salvatore Dedòla - linguasarda.com. 

Diego Marin "Il segreto degli illuminati". Dalle origini ai giorni nostri: storia dell'Occhio che Tutto Vede. Mondadori ED. 2013


Tyria Purpura, il colore dei Re

 Cosi la Ninfa Tiro si innamorò del dono del mare...
Il cane di Ercole divora un Murice R. Rubens

Narra la leggenda che la bellissima Ninfa Tiro soleva passeggiare lungo la spiaggia dell'omonima città,  il giovane Dio Melquart (che successivamente divenne l'Eracle di Tiro) la notò e si invaghi di lei... 
Per giorni la corteggiò appassionatamente senza successo alcuno, finchè un giorno, mentre era intento ad assediarla con le sue solite angherie, il suo cane sfuggi al suo controllo attirato da qualcosa che si muoveva dietro le rocce. Il cane da abile predatore qual'era, corse a stanare la strana creatura e lo divorò con voracità. Subito il muso del migliore amico dell'eroe, si tinse di un color scarlatto mai visto prima. 
Il bellissimo colore fece innamorare la fanciulla a tal punto da decidere di accettare il corteggiamento del Dio, a condizione però che egli le tessesse un abito avente il medesimo colore.
 Fu allora che il sedicente eroe, abituato a ben altre sfide, per amore della ragazza, si mise subito a raccogliere una quantità enorme del pregiato mollusco secernente il vischioso liquido coloro cremisi. Da allora egli stesso cominciò ad indossare un manto di questo colore, che presto fu bramato da tutti gli Dei ed eroi. 
Fu cosi che Melquart inventò la Tyria purpura, il pregiato tessuto del color del sangue che tutti i valorosi Re desideravano indossare. 

Ma non solo la ninfa Tiro fu amata da Ercole, un altro mito lega l'eroe al prezioso tessuto.
Si narra che la Regina di Lidia Onfale, che ben conosceva la sua fama, acquistò l'eroe presso l'oracolo di Delfi per 3 monete,  facendolo suo schiavo per un anno intero. Ercole qui era stato punito dall'oracolo per aver distrutto il tempio, in preda all'ira e in disputa con Apollo, in una lotta di supremazia. Intervenne il padre Zeus sapendo che il semidio non avrebbe potuto battere il divino Apollo, lo costrinse a subire ed accettare la punizione dell'oracolo. La Pithia sacerdotessa del tempio, lo condannò ad espiare la sua colpa accettando di diventare schiavo, affinchè imparasse una volta per tutte l'umiltà e a dominare la cieca rabbia che lo caratterizzava. 

 
« ... lavorò con la leggera conocchia, torcendo con la sua mano tremenda l'umido stame. Egli, appunto, depose dalle spalle la spoglia della fiera nemea, la mitra strinse la sua chioma, e si ridusse a far lo schiavo, con gl'irti capelli bagnati di mirra Sabea »
(Seneca, Ercole sul Monte Oeta)


Onfale lo portò con se in Lidia (la cui capitale ricordiamo era Sardis) e lo incaricò di molte imprese, ma  notando il suo valore si innamorò di lui. Si dice che Ercole consentiva alla regina di giocare con la sua clava e indossare la pelle del leone Nemea, sotto il suo fascino venne talvolta anche meno alla sua virilità, acconsentendo di indossare abiti femminili e la tunica di porpora di lei, imparando dalla regina a tessere la lana con il fuso e se lui sbagliava, lei lo colpiva scherzosamente con il suo "sandalo dorato".

« Tale già si ridea del fiero Alcide Onfale allor che in femminili spoglie deposto del leon l'ispido vello, squarciava e manti e gonne, e colla mano troppo grave rompea cembali e fusi »
(Stazio, Tebaide)




La Regina Onfale era figlia del fiume Iàrdano/Iàrdane, cosa che farebbe di lei una figura simile ad una ninfa e ci rimanda ad un legame con l'acqua. Amando Eracle ebbe inoltre da lui 3 figli: Ati, Agelao e Tirreno, capostipite degli Eraclidi/Tyrsenoi, ossia i construttori di torri... ma di questi pirati dei mari figli di Melquart ne parleremo in seguito... 



Tornando alla porpora, la leggendaria stoffa dei Re che viene dal mare, agognata da tutti i popoli del mediterraneo e non solo. Per la difficoltà con cui si otteneva, servivano infatti circa 12.000 conchiglie di Murex per estrarre poco più di un grammo di colorante, sufficiente per adornare il bordo di un abito. Divenne be presto neanche a dirsi, più preziosa di oro, argento e agognata da tutti i sovrani viventi. Si stima che un etto di pigmento equivalesse al valore di 3 etti d'oro, motivo per cui persino tra i regnanti, possederlo era un privilegio assai raro...

Mercanti Fenici in Britannia 

Si narra che durante l'assedio di Troia, la regina Ecuba insieme alle donne troiane, si recò presso il talamo in cui erano riposti i pepli (abito tradizionale) più preziosi, lavorati dalle donne Sidonie. Scelse il più bello dei manti purpurei da donare in sacrificio alla Pallade Atena, si trattava chiaramente di un peplo di porpora che Paride portò via mare da Sidone insieme ad Elena. Sidoni non Fenici! I Fenici durante la guerra di Troia? A Troia c'erano i Micenei non i Greci, cosi come in Libano, Filistei, Shardana, non Fenici, non ancora... è un pò presto parlare di Fenici qui, se per fenici intendiamo i popoli che a partire dall'VIII sec A.C. iniziarono a navigare e commerciare per tutta Europa sulle rotte dei popoli che li precedettero. Ma chi se non loro allora? La risposta è: "i popoli del mare!" In tal proposito si ricorda che nel XII secolo a.C. un'armata filistea (uno dei popoli del mare), attaccò Sidone per il controllo commerciale, porpora inclusa. L'Ostro Sidonio cosi come lo chiamavano i romani, è da ricercare anche tra le origini di Roma. Lo stesso Enea durante la sua permanenza a Cartagine si deliziò adornandosi di Porpora insieme a Didone. Da allora divenne sempre più simbolo di sacralità e nobiltà, da imperatori come Carlo Magno all' alto Clero furono tanti i sovrani che scelsero di mostrare il proprio potere adornandosi del vermiglio tessuto.

A. Canova, La Regina Ecuba dona il suo Peplo ad Atena.

Come sappiamo il termine porpora deriva dal greco Phoenix che sta ad indicare appunto il color del sangue. Fenici più che il nome di un popolo, altro non è che un termine per indicare una prerogativa di chi era in grado di produrre o commerciare questo materiale, i rossi per l'appunto. Chi proveniva dalle terre della "fenicia", ossia dall'attuale Libano erano altresì chiamati come appare dai libri dell'Esodo, "Cananei". Lo stesso termine Canaan, secondo alcuni studiosi potrebbe derivare dal termine Hurrita, Kinahhu che significa anch'esso rosso violaceo. In questa prospettiva Canaan e Fenicia sarebbero sinonimi per indicare per l'appunto la medesima cosa, ossia la colorazione rossastra della porpora, tipicamente in uso da questi popoli. In alcune tavolette ritrovate presso la città Hurrita di Nuzi, si attesta l'accadico Kinahhu, come il nome del colorante prodotto nella città di Babilonia. Nello stesso ebraico moderno le terre di Canaan, vengono tutt'ora chiamate Knaan. Ma se in greco antico il termini Phoinikeos significava rosso purpureo o scarlatto, la parola SARDUX stava ad indicare la colorazione rosso vivo. Non da meno, nell'età del ferro la porpora ottenuta dai murici trunculus e brandaris, veniva chiamata "bamma sardianikon". 

Colorazione ottenuta dalla lavorazione del Murex
Bamma Sardiniacon è un detto sardo antico che sta ad indicare un tipo di tintura sardonica. Buccinum è il nome di questa conchiglia che sull'isola abbonda. Esichio, Aristofane fanno menzione di questo tipo di porpora prettamente sarda. Che fosse legato all'isola di Sardegna e non alla città di Sardis in Lidia, lo specifica Esichio.



La produzione della porpora 

Noi sappiamo attraverso le testimonianze egizie, della stele di Tanis, che le terre di Canaan (centro primario di produzione della Porpora), furono donate dai Ramessidi agli Sherden in cambio della loro fedeltà e protezione al Faraone. In particolar modo nei dintorni di Tiro, dove la lavorazione della porpora si sviluppò maggiormente.  

Con il passare del Tempo la porpora divenne sempre più richiesta e la materia prima presente lungo le coste mediterranee, non era più sufficiente a soddisfare un mercato sempre più florido ed esigente. A Tiro, si cominciarono a produrre delle valide imitazioni di Porpora di varie sfumature, ottenibili da un sottofondo di scarto del colorante più pregiato, abbinato all'uso di sostante fissanti come l'urina ed erbe dal grande potere tintorio come lo zafferano, la borragine o il Corniolo. Il risultato più verosimile all'originale, era quello che veniva ottenuto con l'utilizzo del Kermes una cocciniglia parassita della quercia spinosa che i latini chiamavano Coccum per la sua colorazione rossastra.


L' Attestazione più antica della lavorazione della Porpora in Italia attualmente la troviamo in Puglia a Coppa Nevigata, dove all'interno di una capanna proto appenninica sono stati rinvenuti una serie di resti di conchiglie frantumate databili dal XV al XIV sec A.C. Produzione che andò però esaurendosi intorno alla fine dell'età del bronzo.  N
on lontano nell'antica città di Taras (Taranto, che condivide con la Sardegna e Palestina anche la produzione del Bisso) è attestata l'officina della porpora presso il mare piccolo, dove numerosi gusci era sepolti fino a formare una collina denominata dai locali"Munt d’ l’ Cueccl" (monte dei Coccioli).



  La porpora però si sa ha origini antichissime, il cui mito si destreggia tra sacralità, regalità e divinità.

Omero ci dice che Andromaca "tesseva nel cuore dell'alta casa, una tela doppia di porpora e vi spagea vari ricami". Ancora "di lana e di Porpora, il chiaro Odisseo il mantello avea".

 Nella Bibbia la maestria del pregiato tessuto appartiene ad Ooliab, figlio di Aisamac, della tribù di Dan a cui Mosè affidò la costruzione dell' arca dell'Alleanza.  

Besaleel e Ooliab e tutti gli uomini abili, nei quali il Signore ha messo sapienza e intelligenza per saper eseguire tutti i lavori per il servizio del *santuario, faranno ogni cosa secondo quanto il Signore ha ordinato. *Mosè chiamò dunque Besaleel e Ooliab e tutti gli uomini abili nei quali il Signore aveva messo intelligenza, tutti quelli il cui cuore spingeva ad applicarsi al lavoro per eseguirlo; (Esodo 36:1-2).

Scultore, disegnatore abile artigiano e maestro e creatore di preziose stoffe, tintore di porpora e tessitore di Bisso:

Quanto alla Dimora, la farai con dieci teli di bisso ritorto, di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto. Vi farai figure di cherubini, lavoro d'artista.

Esodo 26,31

Farai il velo di porpora viola, di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto. Lo si farà con figure di cherubini, lavoro di disegnatore.

Esodo 26,36

Poi farai una cortina all'ingresso della tenda, di porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto, lavoro di ricamatore.

Esodo 27,16

Alla porta del recinto vi sarà una cortina di venti cubiti, lavoro di ricamatore, di porpora viola, porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto, con le relative quattro colonne e le quattro basi.

Esodo 28,5

Essi dovranno usare oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso.

Oliab di Dan, capostipite della leggendaria tribù, è da collocarsi secondo le ipotesi più accreditate intorno al 1200 A.C, periodo corrispondente alle invasioni dei popoli del mare, i quali con molta probabilità appresero nel vicino oriente le tecniche della lavorazione della porpora, dei quali i Fenici successivamente ne divennero eredi.

 In Mesopotamia era chiamata KORRA.  In Sardegna Korra è tutt'oggi il nome con il quale viene chiamata la conchiglia del Murice. Numerosi resti di conchiglie sono state trovate presso Kornus, una delle città-sarde, vicino Tharros, la cui zona lagunare, di bassi fondali risultava essere ideale per l'allevamento del Murex. tant' è che  secondo Eschilo l'industria della porpora qui risultava particolarmente fiorente.


 Come vedremo in seguito, la radice Kor la ritroveremo in innumerevoli etimi mediterranei di carattere sacrale, legati alla Dea ed ai riti della fertilità...

Non a caso i romani elaborarono un termine specifico "porfirogenico", ossia coloro che venivano "generati nella porpora". Nei primi tempi dell'impero, le imperatrici andavano a partorire in mezzo alla porpora al palazzo imperiale, chiamato Porfyra. 






Segue...


Riferimenti Bibliografici

From Seas and Oceans to The Textiles - Scientific Figure on ResearchGate. Available from: https://www.researchgate.net/figure/Murex-Shells-Murex-Shells-color-dyed-fibers-yarns-and-fabrics-with-Murex-Shells_fig4_295351203 [accessed 20 Apr, 2021]  by Ece Kalayci

EVANS J. & RECCHIA G., C. d. S.- Pottery function: trapped residues in Bronze Age pottery from Coppa Nevigata (Southern Italy). Scienze dell’Antichità. Roma.

Antico Testamento, Esodo, 26/27/28

Bullettino archeoligico sardo "Raccolta dei monumenti antichi" del can. cav. Giovanni Spano, Cagliari 1856.

Diego Marin "Il segreto degli illuminati". Dalle origini ai giorni nostri: storia dell'Occhio che Tutto Vede. Mondadori ED. 2013

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mercoledì 22 settembre 2021

La nona Onda

OLTRE IL VELO

Un'antica leggenda riecheggia tra i mari, viaggiando di costa in costa, attraverso le voci dei marinai è giunta in lungo ed in largo... dalla Bretagna alla Normandia, dal Galles all'Irlanda fino alle fredde sponde Scandinave.  La nona Onda nasce cosi, frutto di narrazioni marinaresche che coralmente indicavano le onde del mare a gruppi di nove, ognuna più intensa della precedente, fino ad arrivare a lei la nona, l'inarrestabile.

Oltre la nona onda si credeva ci fosse il nulla, i limiti del creato, la fine del mondo conosciuto il "non plus ultra" delle isole del nord.

Nell’ “Epopea di Amergin”, si narra del lungo viaggi che un gruppo di uomini e donne che, dovettero percorrere lasciando la Galizia in cerca della mitica terra di “Ierne” (Irlanda?). 

Riders of the Sidhe by John Duncan's

La loro terra non riusciva più a sostentare tutti e c’era da scegliere tra il morir di fame rimanendo o oltrepassare la “nona onda” per morire o sopravvivere in una terra ricca di pascoli e deserta. Arriveranno a Ierne e, da conquistatori quali erano, la reclameranno, ma dovranno scontrarsi con i saggi Tuatha-De-Danaan, il popolo magico dell’Irlanda, che continuerà ad essere il vero vincitore.

Solo Amergin, bardo e poeta, capirà la grandezza di questo popolo. Solo lui che in realtà era stato da questo popolo chiamato, oltre la nona onda, a quella terra di sogno.”
(Da: L'epopea di Amergin di Llywelyn M.)

La nona onda Hovhannes Aivazovsky (1817 - 1900)

Andare oltre la nona onda era come morire, varcare i limiti del mondo conosciuto, alzare il velo, andare oltre per raggiungere un luogo ultraterreno, al di là del mare, in un "isola sacra" posta ad occidente.

Clíodhna (Clídna, Clionadh, Clíodna, Clíona) è una regina banshee del Sidhe dei  Tuatha dè Danann. Secondo la leggenda abbandonerà il Tir na Nog per raggiungere il suo amante mortale, ma nel farlo viene presa ed inghiottita da un onda. Da questo momento diviene una divinità del mare, ed io mare è esso stesso la sua manifestazione. 

In Galizia si dice che presso la spiaggia di La Lanzanada, le donne sterili si adagiavano sulla battigia facendosi inondare da nove onde con la speranza di poter concepire presto un figlio.


  IL DIO CORNUTO HEIMDALLR

Il dio cornuto Heimdall, (l'unica divinità norrena con questi attributi), il dio creatore, colui che risuonerà il corno che porrà fine al tutto, decretando l'ultima battaglia tra dei e i giganti, nascerà da 9 onde del mare (8 più una), ai margini di una mitica terra posta ai confini del mondo conosciuto. 

E' il dio primigenio, figlio di nove madri, nove gigantesse figlie del gigante marino Aegir.


E' nato dall'alba dei tempi ai confini della terra da nove gigantesse, tutte sorelle, egli siede al limite del cielo e sorveglia il ponte che unisce la terra al mondo degli dei (Bifrost) per impedirne l'accesso ai giganti. Il suo compito è quello di vegliare sul cosmo fino a quando i giganti si raduneranno per scontrarsi con gli dei nella battaglia finale che determinerà la distruzione dell'universo e insieme, la nascita di un nuovo mondo e di un nuovo ciclo... Allora egli suonerà il corno Gjallarhorn, il cui suono si ode per tutti i nove mondi, per dare l'allarme e chiamare gli dei a raccolta. Lui è il guardiano dei cicli, colui che vigila sulla loro corretta successione, impedendo alle forze del male di irrompere nel mondo, nato al limite della terra alle origini del tempo, è legato al principio e alla fine del cosmo. E' detto il "dio Bianco"

La nona madre è colei che completa la gestazione affinchè il dio cornuto possa nascere dalla schiuma del mare. La nona onda risulta quindi essere la più bianca di tutte la più alta, la più potente quella necessaria al concepimento di un dio. Heimdallr è un dio del passaggio che pone fine ad un ciclo per aprirne un altro. Uno dei suoi appellativi è Hallinskíði che significa "dalle corna ritorte" e viene abitualmente associato all' Ariete. In quasi tutta Europa, ma soprattutto in Galles, Bretagna e Paesi baschi è usanza comune associare le bianche onde del mare alle pecore e quindi all'ariete.

«Comprendiamo che, qualunque fossero il suo valore mistico e le sue funzioni, l'ambiente della sua nascita ne fece ciò che è, la schiuma bianca del mare, l'ariete prodotto dalla nona onda. Se così è, allora è corretto affermare che egli ha nove madri, poiché una sola non è sufficiente, né due, né tre.»

Secondo il linguista Dumezil in riferimento al dio cornuto e alla tradizione anglosassone che vuole le onde del mare in gruppi di nove, la nona onda rappresenta l'ariete, in quanto l'unica con la forza necessaria per generare il dio che distrugge e crea in un ciclo senza fine.

l'ambiente della sua nascita ne fece ciò che è, la schiuma bianca del mare,

 l'ariete prodotto dalla nona onda”.

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Nel folklore gallese i pescatori chiamavano la nona onda “l’ariete di Gwenhidwy”. Gwenhdwy "la bianca incantatrice" è una figura femminile, associata alle alte onde e al biancore del mare quando manifesta la sua potenza.  A volte identificata come Dea, fata, o sirena. 

Claudio Eliano (III sec. d.C.)  nel suo "Storia degli Animali" cita il popolo scomparso di una terra perduta:

"Gli arieti del mare svernano nelle vicinanze dello stretto che separa la Corsica dalla Sardegna. (...) L'ariete maschio ha sulla fronte una striscia bianca. (...) Gli abitanti delle coste dicono che in tempi lontani i re dell'Atlantide, discendenti da Poseidone, portavano in capo, come segno di potere, la striscia bianca dell'ariete maschio, e che le regine loro spose portavano, come segno di potere, la striscia dell'ariete femmina." 

Il leggendario animale dal vello d'oro nacque dall´unione di Poseidone e di Teofane principessa di Tracia, figlia di Bisante re di Tracia. Il dio trasformò la giovane in pecora e per unirsi a lei fece lo stesso trasformandosi a sua volta in ariete. Da questa unione fu concepito il Crisomallo (l'Ariete alato dal vello d'oro).

In questa collocazione, il corno ripiegato assume lo stesso significato della spirale che si associa all'acqua e alla ciclicità di nascita/ morte/ rinascita... in un continuo vortice di equilibro.

La ruota dell'anno può intraprendere 8 direzioni e tutte convergono verso il centro ad indicare la nona. Nove è 3 volte 3 cioè il divino. 

Sigillo di Heimdall
Sigillo di Heimdall



Nove sono le divinità dell'ennade, venerate presso gli antichi egizi.
Solo Ra
, aveva il potere trasformarsi in tutte le altre.

Nella Teogonia di Esiodo,  nove giorni e nove notti sono la misura del tempo che separa il cielo dalla terra e questa dal mondo degli inferi.

"Un'incudine di bronzo cadrebbe dal cielo per nove giorni e nove notti prima di raggiungere il decimo giorno la terra. Allo stesso modo un'incudine di bronzo cadrebbe dalla terra per nove giorni e nove notti prima di raggiungere il decimo giorno il Tartaro."

Nove sono le Muse che rappresentano tutta la conoscenza, nate da Zeus dopo nove notti d'amore. 

Nove il cerchio di donne nell'isola di Avalon. Le 9 Morger (Mòr in gaelico significa mare)

Nove donne, nove madri, nove sorelle.

Nove i regni della cosmogonia Norrena sorretti da Yggdrassil, lei cui radici mantengono uniti e nove i cori degli angeli più vicini a Dio.

Nove sono i mesi necessari per nascere.

Nove anche le "y nawnos olau”, le nove notti spendenti, ossia le notti che precedono il plenilunio dell’equinozio d’autunno, che non a caso, cade a settembre il nono mese dell'anno in cui celebriamo il raccolto, la fine del lungo lavoro nei campi e ne raccogliamo i frutti.


Nel mese del Passaggio
nel difficile varco fra i mondi
l'augurio di custodire
mentre il buio avanza
la memoria della luce ....

Rosa Carotti, settembre 2005

Riferimenti Bibliografici
Dumézil, Georges (1959). "Comparative Remarks on the Scandinavian God Heimdall"

Il culto dell' Acqua, l'acqua silente e i riti del solstizio d'estate

 Litha il solstizio d'estate, il momento in cui il sole è al pieno dello splendore, la nostra stella è ardente nel cielo ed è al massimo...